La morte del fiume

Guglielmo Petroni

Dopo decenni di lontananza, un uomo ritorna nella Lucca della sua giovinezza e prima di ogni cosa vede la metamorfosi del Serchio, il fiume nelle cui acque limpide nuotava da ragazzo e che ora si è trasformato in una allucinante corrente sudicia e priva di vita. E anche le mura, le strade, i quartieri poveri, scenario della sua infanzia, evocano ricordi che stentano a trovare corrispondenza con un mondo mutato. Amico di un antiquario lucchese che vive, sradicato lui pure, a Roma, lo induce a compiere un breve viaggio di ritorno nella loro città. I due amici si scambiano impressioni e memorie, che vanno dalle prime violenze dei fascisti agli anni di riscatto della lotta partigiana. La storia di una nazione si proietta, come in un cannocchiale alla rovescia, nelle dimensioni minuscole della storia locale e in destini individuali dal valore esemplare: come Zita, in cui l’abnegazione familiare diventa, nella guerra civile, sacrificio per tutti. Nel dialogo finale dei due amici, la nostalgia e la nota struggente dei ricordi personali si ricompongono in una visione più ampia del corso della storia, in cui essi trovano un significato e una durata non effimera.