Lucio Mastronardi nasce a Vigevano il 28 giugno 1930. Sua madre Maria Pistoia è lombarda, vigevanese, maestra elementare; andrà in pensione con quarantatre anni di servizio. Il padre Luciano è abruzzese, di Cupello nei pressi di Vasto; è un ex ispettore scolastico, che per contrasti con i fascisti ha dovuto mettersi in pensione già nel 1921, per poi emigrare al Nord. A Vigevano gestisce una cartolibreria; nelle prime elezioni amministrative del dopoguerra verrà eletto consigliere nelle liste del Pci, ma in genere conduce vita ritirata. Lucio frequenta le scuole medie a Pavia, diplomandosi da privatista, poi passa al ginnasio Cairoli di Vigevano, con poco profitto. Ripiega sulle magistrali e anche in questo caso si diploma da privatista; si iscrive poi alla facoltà di Magistero dell’università di Genova, dove non arriverà a laurearsi. A diciannove anni Mastronardi comincia la carriera d’insegnante elementare nel carcere della sua città, incaricato come supplente; lavorerà anche in scuole di campagna e nelle scuole serali; soltanto nel 1955 vince il concorso e passa di ruolo.

Il 22 dicembre di quell’anno il suo primo racconto, Posteggiatore, appare sul «Corriere di Vigevano», settimanale cui collabora per qualche mese. Nel gennaio 1956 ha inizio una assidua corrispondenza epistolare con Elio Vittorini: «Sono un giovane di venticinque anni e da almeno dieci mi interesso di letteratura (…) Verga, Pirandello, lei, Hemingway e Steinbeck, l’“Americana” (…) Da cinque anni scrivo e leggo, leggo e scrivo. Scrittori si nasce, ma bisogna anche diventarlo, dicono. (…) Ora ho tante idee in testa, una confusione. Vorrei scrivere la storia di questa città durante la guerra. Marginalmente un po’ di autobiografia».

Vittorini prende a leggere e commentare via via tutti i suoi primi racconti: risultato, al principio dell’estate 1959 un breve romanzo di Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano, apre con grande evidenza il primo numero de «Il menabò di letteratura». La rivista, che Vittorini ha appena fondato con Italo Calvino, viene stampata da Einaudi. Sul «Corriere della Sera» del 31 luglio Montale recensisce il Calzolaio in modo critico ma lusinghiero. Nel 1962 Einaudi lo riprende in volume autonomo stampando poi, a fine anno, Il maestro di Vigevano. Il grande successo di pubblico incuriosisce il regista Elio Petri, che si mette subito al lavoro, con la collaborazione dello stesso Mastronardi, per una trasposizione cinematografica, protagonisti Alberto Sordi e Claire Bloom. Il 16 settembre 1963 muore Luciano Mastronardi; il figlio ne scrive a Calvino: «Caro Italo, il mio papà è morto la notte di domenica scorsa, 16, con noi vicini al letto. È stata una morte tranquilla. Erano anni che si preparava, leggendo Epitteto. Lo leggeva tradotto da Leopardi. Ha avuto una vita travagliata. Antifascismo, prigione, bastonate, e tanta povertà sopportata con dignità. Io gli ho dato tanti dispiaceri, e solo in ultimo, qualche soddisfazione. Gli piaceva che si parlasse di me. Ha avuto funerali civili, e in una tasca della giacca, una foto di Gesù sorridente, per compagnia lungo il viaggio, come ha lasciato scritto. Amava tanto Vigevano, ma non ci ha lasciato le ossa. Qui non c’è il culto né della morte, né della vecchiaia. Gli ospizi sono pieni di genitori che intralciavano la vita dei figli. Mio padre temeva ospizi e ospedali. Ora è sepolto a Cupello, il suo paese, nella tomba della sua famiglia».

Nell’ottobre 1963 Mastronardi viene dispensato dall’insegnamento e trasferito ad Abbiategrasso, con mansioni di segreteria: «un lavoro da impiegato d’ordine». Ai primi del ’64 va in libreria, stampato nuovamente da Einaudi, Il meridionale di Vigevano. Questa volta l’accoglienza è fiacca. L’intera trilogia sarà raccolta in volume unico nel 1977 da Rizzoli, a cura di Sergio Pautasso e col titolo Gente di Vigevano.

Tra il ’62 e il ’66 Mastronardi pubblica su «l’Unità» svariati racconti, nei quali si mescolano acidi satirici e amarezze autobiografiche. Nel 1968 si fa distaccare alla biblioteca Sormani di Milano; in quello stesso anno Gianfranco Contini lo accoglie nella sua antologia Letteratura dell’Italia unita 1861-1968, dove la selezione è limitata a cento autori in tutto.

Nel ’69 la rivista «L’Approdo letterario», diretta da Carlo Betocchi, pubblica La ballata del vecchio calzolaio, testo sul quale Mastronardi si affatica già da diversi anni per dargli una forma sperimentale e persuasiva. L’ultimo romanzo, A casa tua ridono, esce nel 1971 da Rizzoli, che è il suo nuovo editore; i rapporti con Einaudi si sono chiusi quattro anni prima. La raccolta di racconti L’assicuratore (1975) ospita alcuni dei suoi racconti giovanili e una scelta delle storie brevi scritte negli anni ’60; il volume vince il Premio D’Annunzio, presieduto da Carlo Bo.

Nell’aprile del 1973 Mastronardi sposa una collega conosciuta ad Abbiategrasso, Lucia Lovati; due anni più tardi nasce una figlia, Maria. Nell’ottobre 1976, raggiunto il minimo per la pensione, lascia l’insegnamento: «Legge 29 aprile 1976 n. 177. Con 25 anni d’insegnamento ho il diritto al 62,60 per cento della pensione». La sua intenzione è dedicarsi completamente alla letteratura, come il suo maestro Vittorini.

Nel ’78 è cooptato nella giuria del Premio Strega, ma la diagnosi di una grave malattia polmonare lo spinge al suicidio il 24 aprile dell’anno successivo. Tre mesi prima annunciava agli amici della Rizzoli di essere arrivato quasi alla metà di un nuovo romanzo.