Pietro Citati nasce a Firenze nel 1930. Frequenta le scuole a Torino, ma nel 1942 si trasferisce con la famiglia in Liguria per sfuggire ai bombardamenti alleati. Si laurea in Lettere moderne alla Normale di Pisa nel 1951 e inizia subito a collaborare a riviste come «Il Punto», «L’Approdo», «Paragone» e a scrivere sulle colonne de «Il Giorno». Negli anni Cinquanta svolge l’attività di insegnante prima a Monaco di Baviera e poi a Roma dove infine si stabilisce. La sua produzione letteraria oscilla fra saggistica e narrativa sin da Goethe (1970, Premio Viareggio), il primo di una fortunata serie di libri fra i quali vanno ricordati anche Immagini di Manzoni (1973), Alessandro (1974, con F. Sisti), La primavera di Cosroe (1977), Vita breve di Katherine Mansfield (1980, Premio Bagutta), Tolstoj (1983, qui presentato), Kafka (1987) e La colomba pugnalata. Proust e la Recherche (1995). Altri contributi saggistici sono contenuti nei volumi Il tè del cappellaio matto (1972), I frantumi del mondo (1978), Il velo nero (1979), Il migliore dei mondi impossibili (1982), Il sogno della camera rossa (1986), La luce della notte (2000), L’armonia del mondo (2002), Israele e l’Islam (2003). Fra gli scritti più propriamente narrativi, le fiabe de I racconti dei gatti e delle scimmie (1982), il romanzo Storia prima felice, poi dolentissima e funesta (1989, Premio Médicis). Ha scritto un libro sul romanzo dell’Ottocento (Il male assoluto, 2000), uno sull’Odissea (La mente colorata, 2002), un breve saggio sui Fitzgerald (La morte della farfalla, 2006). Un’ampia parte dei suoi scritti è stata raccolta in un «Meridiano» intitolato: La civiltà letteraria europea: da Omero a Nabokov (2005). Fra le opere più recenti si ricordano: I vangeli (2014), Sogni antichi e moderni (2016), Il silenzio e l’abisso (2018), Dostoevskij: senza misura. Saggi russi (2021) e La ragazza dagli occhi d'oro (2022). È morto a Roccamare (Castiglione della Pescaia, provincia di Grosseto) nel 2022.